Nello scenario delle Dolomiti altoatesine è cresciuto l’affermato talento della cucina italiana Matteo Metullio. Lo chef del ristorante La Siriola del prestigioso hotel Ciasa Salares di San Cassiano della famiglia Wieser ci racconta la sua cucina a km vero

Prima il “titolo” di più giovane chef stellato in Italia, oggi quello di più giovane bistellato. Matteo Metullio, classe 1989, a 12 anni ha già le idee chiare. Sarà un cuoco o un calciatore. Sfumata la possibilità di diventare un professionista del pallone, il triestino, che respira la passione per la gastronomia sin da piccolo in famiglia, frequenta l’istituto alberghiero di Falcade (Belluno) e intraprende con determinazione questa strada, che lo conduce in Alta Badia, negli amati luoghi delle sue vacanze estive. Con altrettanta decisione, a 19 anni cerca e trova un’opportunità presso il ristorante St. Hubertus, guidato da colui a cui Matteo Metullio guarda come modello di chef, Norbert Niederkofler, che a novembre ha ottenuto la terza stella Michelin.
Qual l’insegnamento che più le è rimasto dall’esperienza con il maestro Niederkofler?
«È uno degli chef da cui ho appreso meglio l’importanza della precisione e l’organizzazione, che al St. Hubertus è sempre stata millimetrica anche per il fermento che si respirava sempre, con i banchetti e gli eventi da gestire contemporaneamente al ristorante».
Nel 2012 diventa sous chef a La Siriola di Fabio Cucchelli, che lascia il ristorante nel 2013. In pochi mesi deve dimostrare di valere la stella Michelin che il ristorante ha conquistato sotto la guida di Cucchelli. È una sensazione differente rispetto a quella provata con la seconda?
«La prima è sempre la prima: è stato motivo di grande orgoglio aver confermato fin da subito il livello. La seconda è arrivata attraverso il lavoro fatto dopo la prima: c’è stata un’evoluzione incredibile del modo di cucinare, di pensare e vedere. Abbiamo fatto cambiamenti in sala, aumentato il personale al servizio e realizzato la stanza del cioccolato e del formaggio. Un lavoro di 4 anni e mezzo che ha portato i suoi frutti. A livello culinario, abbiamo scelto di semplificare e concentrare i sapori, riducendo gli elementi presenti nel piatto. I tecnicismi sono rimasti, ma non così esibiti come nel passato, piuttosto tradotti in una maggiore esplosività all’assaggio. Rivelatorio in questo senso è stato, tra le altre cose, un pranzo a Le Calandre di Massimiliano Alajmo».
Avere ottenuto già così tanto da giovane è un bene o un male in termine di stimoli?
«Decisamente un bene, non vedo lati negativi. Intanto a questi traguardi ci siamo arrivati, ora bisogna mantenerli. All’orizzonte ci sono poi altri progetti e novità. Non avverto alcuna pressione, perché i riconoscimenti conquistati sono il frutto del lavoro svolto. Dobbiamo continuare in questo modo, siamo sulla strada giusta: le richieste non mancano e, cosa più importante, la clientela è contenta e soddisfatta. Se si lavora bene, si generano sensazioni positive e i premi arrivano di conseguenza».
Lo chef Matteo Metullio