Può un ristorante non cambiare mai anima dal 1962? Sì, se si ha coraggio di affrontare i cambiamenti sapendo dove andare. Ci sono riusciti i coniugi Moroni in via Montecuccoli a Milano, dove Il Luogo di Aimo e Nadia è ormai un’istituzione

Alessandro Negrini e Fabio Pisani, gli chef del ristorante Il luogo di Aimo e Nadia

Un ristorante con alle spalle una storia lunga cinquant’anni ma che non ha mai rinunciato al desiderio di muoversi. È curioso che il nome di questo fulcro milanese di idee, esperienze, provenienze si chiami Luogo, parola che evoca necessariamente stasi. Quasi a dimostrare che se si sceglie un punto dove stare, dove ritornare, dove incontrarsi poi ci si può muovere moltissimo. Basta avere un fulcro e un obiettivo comuni. È quello che succede ne Il Luogo di Aimo e Nadia, che dopo anni di gestione familiare, nei primi anni 2000 ha avuto il coraggio di ospitare in cucina due menti come Alessandro Negrini e Fabio Pisani, che ora sono gli chef del ristorante.

Non solo, insieme alla figlia di Aimo e Nadia, Stefania, ci sono pasticceri, sommelier che insieme hanno reso Il Luogo uno dei punti fermi (sic) dell’alta gastronomia milanese e italiana. Anche in occasione di Expo non hanno perso la possibilità di dimostrare il loro amore nei confronti dell’Italia e delle infinite risorse che questo paese riesce a dare a chi si occupa di cucina. Gli chef Alberto e Fabio lo sottolineano: «Expo è stato un punto di partenza per far conoscere veramente l’Italia e i suoi prodotti, combattendo quell’Italian sounding sempre più diffuso. Il problema è che neppure gli italiani conoscono bene l’Italia, ci auguriamo che il seme di Expo germogli, portando un vero interesse capace di promuovere tutta la filiera alimentare».


Cosa ha significato per un ristorante milanese una manifestazione a tema cibo come Expo?

«Expo ha posto l’attenzione su quella che da oltre 50 anni è la filosofia de Il Luogo di Aimo e Nadia: la conoscenza, il rispetto e la valorizzazione della materia prima e di chi la coltiva o la produce. Noi crediamo fermamente nel patrimonio italiano, fatto di prodotti di eccellenza, tecnica e artigianalità, territorio e creatività, in un intreccio tra le varie culture del nostro Paese. È anche nostra responsabilità riscoprire e salvaguardare quei prodotti che diversamente andremmo a perdere e che fanno grande il nostro Paese. Per sponsorizzare l’Italia, l’Italia bisogna conoscerla! E bisogna essere orgogliosi di rappresentarla».


Entrambi avete vissuto delle esperienze all'estero. In che cosa si è trasferita? Come ha influenzato la vostra cucina?

«Le nostre esperienze all’estero - Alessandro a Ginevra, Fabio a Parigi e a Londra - ci hanno influenzato non tanto nello stile della cucina, quanto più nella gestione e organizzazione delle cucine di grandi strutture. Al Luogo abbiamo portato quell’impostazione anche nei rapporti con i collaboratori, pur mantenendo saldi i valori familiari».


Anche voi fate parte del progetto Refettorio ambrosiano. Cosa vi ha mosso a partecipare? Cosa significa un’esperienza di questo tipo per degli chef stellati?

«È stata un’esperienza molto particolare. È la magia contagiosa di quel posto. Un luogo bello, nato dalla sinergia non solo di cuochi, ma anche di architetti, designer, falegnami. Al Refettorio c’è un sentimento per il bello, che aggiunge al gesto incredibile di aiutare chi ha più bisogno, la capacità di trasformare con fantasia un ingrediente o un materiale semplice. Il compito di ogni cuoco è quello di dare ristoro e felicità alle persone. E sembra proprio che al Refettorio ci si riesca. E la soddisfazione di sentirsi dire “grazie, mi sono sentito a casa” non ha prezzo».

Il Luogo di Aimo e Nadia è costellato di tele. L’arte entra anche nel piatto? In che modo convive con la vostra cucina?

«Da oltre 15 anni il Luogo è connotato da un progetto artistico-architettonico site-specific in progress, Installation-District (Gegend) di Paolo Ferrari, che promuove un inedito intreccio tra arte, cucina, performance e degustazioni. L’arte non entra nel piatto, ma sono due forme di comunicazione che viaggiano in simbiosi. Il dialogo tra la nostra cucina e l’installazione rivela le affinità tra il gesto del cuoco e quelle alla base delle operazioni artistico-architettoniche».


Puglia e Lombardia. Due facce dell'eterogeneità della tradizione gastronomica italiana. Come trovare una sintesi? O meglio, è necessario trovarla?

«Puglia, Lombardia, ma anche Friuli del nostro maître Nicola dell’Agnolo, Sardegna del sommelier Alberto Piras, Albania del pasticcere Mario Peqini, Toscana di Aimo e Nadia. Al Luogo c’è una grande eterogeneità, l’affinità è nella direzione che abbiamo tutti ben chiara: la valorizzazione dei territori e della specificità dei prodotti, interpretati e riproposti in veste innovativa, in una cucina sempre in evoluzione».


Un piatto del cuore della tradizione e uno invece delle vostre creazioni.

«Gli spaghettoni di grano duro di Benedetto Cavalieri al cipollotto fresco e peperoncino con filo d'olio e basilico ligure. Proprio ieri un cliente americano mi ha detto che è un piatto incredibile, modernissimo. Quasi mi dispiaceva rivelargli che ha quasi 45 anni! L’ultimo piatto che a breve entrerà in carta sono invece gli Spaghetti al tartufo con colatura di alici di Cetara e crema salata di nocciola piemontese».

 

In foto, Alessandro Negrini e Fabio Pisani, gli chef del ristorante Il luogo di Aimo e Nadia