Nella Milano del boom post Expo splende la “doppia” stella di Andrea Aprea, lo chef campano del Vun del Park Hyatt che fa una cucina di memoria, profondamente italiana ma non sterilmente nostalgica, proiettata al futuro

«Ricevere la seconda stella Michelin è sicuramente un grande cambiamento, ma è troppo presto per dire nel concreto cosa comporterà, lo vedremo col tempo». È ancora emozionato per il riconoscimento ottenuto, ma si gode il momento Andrea Aprea, lo chef classe 1977 che dal 2011 guida il ristorante Vun dell’hotel Park Hyatt di Milano. Ha girato per l’Italia e all’estero, ma il suo imprinting napoletano non è mai venuto meno. Il suo “motto” è “guardare al futuro ma senza dimenticare le origini”. 

Quanta importanza hanno per il suo modo di intendere e vivere la cucina la memoria? E quanto le esperienze all’estero hanno contribuito alla sua formazione?
«Le radici e il territorio sono alla base della mia cucina, tanti dei miei piatti vengono dalla mia infanzia, dai ricordi, ma anche dalla cultura culinaria italiana e dalle tradizioni regionali del nostro Paese. La mia si definisce cucina italiana contemporanea. Le esperienze all’estero hanno sicuramente influito, ho imparato molto da tutti gli chef con i quali ho lavorato in giro per il mondo».

Come si concretizza il rispetto della tradizione, sposandolo allo slancio verso l’innovazione?
«La tradizione nei miei piatti è visibile già dal nome, ad esempio la Caprese…Dolce Salato, uno dei miei Signature dish, richiama chiaramente alla tradizione, la caprese la conosciamo tutti, è un piatto tipico della tradizione italiana. Ma la mia è una Caprese “contemporanea”, rivisitata nella forma e nel gusto, anche se gli ingredienti principali restano gli stessi della ricetta classica. Questo vuol dire per me sposare tradizione a contemporaneità: proporre dei piatti che fanno parte dei nostri ricordi, ma rivisitarli in chiave contemporanea. Le materie prime ovviamente sono italiane, ho selezionato produttori da tutta la penisola e fortemente legati alla tradizione culinaria del nostro Paese».

Quali stimoli offre lavorare su una piazza, Milano, così prestigiosa e competitiva?
«Da quando Milano ha ospitato Expo, la città non ha mai smesso di crescere e questo lo sentiamo molto noi che lavoriamo nell’ambito dell’hotellerie e della ristorazione. Personalmente, questa crescita non può che essere molto stimolante, perché ci permette di aprirci a un pubblico sempre più vasto anche sotto il profilo culturale. Ora Milano può essere definita la capitale gastronomica d’Italia e molte persone viaggiano appositamente per provare i ristoranti stellati e non della città. Questa apertura comporta più lavoro e maggiori sfide, ma non possiamo che essere fieri e felici di essere in una location così prestigiosa».

 

Lo chef Andrea Aprea