Sono positivi i dati della vendemmia 2015. Merito di un meteo conciliante per le vigne ma anche di un settore che vuole confermare la sua forza a livello internazionale, giocando le proprie carte anche sul tavolo europeo

Domenico Zonin, presidente Unione italiana vini

Per chi si occupa di vino le variabili sono davvero numerose. A partire dalla natura e dal clima che per fortuna quest’anno hanno consegnato un’uva sana, abbondante e di qualità tra il buono e l’eccellente. E poi la burocrazia e le normative che diventano sovranazionali ed europee, con conseguenti variazioni e aggiornamenti necessari. Come confermano anche i dati diffusi di recente dalla Commissione europea, l’Italia con i suoi 47 milioni di ettolitri di vino finito (+12 per cento sullo scorso anno) ha riconquistato la leadership produttiva mondiale, superando sia la Francia sia la Spagna. Continua, insomma, la generale evoluzione positiva del settore come conferma anche il presidente dell’Unione italiana vini Domenico Zonin: «Ci dà forza la continua crescita in valore del nostro export e la divaricazione crescente che stiamo registrando tra i prezzi dei vini da tavola e quelli a Do. Ormai, abbiamo imboccato con decisione una strategia produttiva orientata verso la territorialità, le denominazioni, cioè produzioni ed elevato valore aggiunto».

Quanto l’Europa è vista come una penalizzazione per il nostro prodotto?
«Anche i produttori di vino, come del resto tutti gli italiani, vivono l’Europa a fasi alterne. È però ormai indubitabile, e noi come Unione italiana vini abbiamo intrapreso da tempo una battaglia culturale in tal senso, che l’Europa sia diventata la nostra nuova patria. Nel mercato mondiale del vino, la sfida competitiva non si gioca più tra singoli Paesi chiamando in causa direttamente l’Europa. Un’Europa del vino di cui siamo diventati convinti sostenitori perché rappresenta uno strumento indispensabile per costruire, al nostro interno, strategie produttive orientate verso l’eccellenza, e per incidere, verso l’esterno, nelle politiche commerciali globali. Il successo internazionale dei vini italiani ed europei dipende oggi in maniera determinante dai trattati commerciali di libero scambio con i diversi Paesi del mondo che ci possono aiutare a superare quella giungla di barriere tariffarie e non, burocratiche e amministrative che ostacolano lo sviluppo delle esportazioni. Una partita in cui l’Italia non riuscirebbe nemmeno a entrare in campo; possiamo e dobbiamo vincerla solo attraverso l’Unione europea».


Dal punto di vista della promozione e del fare sistema in Europa quali possono essere le direttrici? L’Italia come si sta muovendo?
«Lei ha citato due termini “promozione” e “fare sistema” che dovrebbero marciare sempre insieme. Ma purtroppo ciò ancora non accade e non tanto in Europa quanto in Italia dove, in questi ultimi anni, se le imprese hanno imparato gradualmente a stare insieme, registriamo una gravissima inefficienza del sistema pubblico, e in particolare delle Regioni, che per protagonismi individuali dei vari assessori e inaccettabili miopie localistiche, stanno sprecando risorse preziose per la promozione del vino verso i Paesi terzi. Nell’ultimo triennio il nostro sistema vitivinicolo ha perso oltre 100 milioni di euro in investimenti promozionali per colpa delle Regioni. Una situazione inaccettabile dove abbiamo chiesto al Governo e al ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina di intervenire perché rischia di compromettere il futuro del nostro comparto».


Quanto il vino italiano ha goduto e sfruttato la vetrina di Expo 2015?

«Intanto il vino, il sistema vino italiano, è stato protagonista primario dell’Expo attraverso la realizzazione del padiglione “Vino-A taste of Italy” che è stato il primo padiglione tematico in tutta la storia delle esposizioni universali. Una straordinaria prova di “sistema” che ha dimostrato, a noi prima di tutto, di cosa siamo capaci quando decidiamo di lavorare in squadra. Poi i numeri: 2 milioni di visitatori, pari al 10 per cento di tutti gli ingressi in Expo, mettendo in mostra uno straordinario percorso esperienziale e culturale sul vino insieme all’enoteca che, attraverso le 3600 etichette in degustazione di 2000 aziende vitivinicole è stata capace di rappresentare in maniera efficace la grandissima ricchezza e varietà produttiva del nostro Paese. Abbiamo pienamente raggiunto l’obiettivo di mettere il nostro vino, il sistema vino italiano, al centro dell’attenzione dei consumatori di tutto il mondo. Ora, dovremo essere bravi a gestire questo grande successo di immagine per trasformarlo in valore del nostro export».

La burocrazia per produttori e coltivatori necessita di uno snellimento. Il ministro Martina si sta muovendo nella direzione giusta?
«La burocrazia e la cattiva amministrazione sono anche per noi, come per tutte le imprese del Paese, un ostacolo pesante allo sviluppo economico e al miglioramento delle capacità competitive. Per questo, insieme alle altre organizzazioni della filiera, da due anni stiamo lavorando per riordinare la complessa e frastagliata normativa del vino italiano in un “Testo unico della vite del vino” che, dopo oltre un anno di lavori parlamentari, dovrebbe essere approvato nella primavera 2016. Un lavoro faticoso dove non solo il ministro Maurizio Martina ma anche tutte le forze parlamentari nelle Commissioni agricoltura di Camera e Senato hanno collaborato fattivamente per raggiungere l’obiettivo. Si tratterà di una svolta storica per il nostro Paese che sarà accompagnata da un’altra radicale riforma destinata a sollevare le imprese da pesanti e ingombranti oneri burocratici migliorando nel contempo la capacità di controllo del settore: la telematizzazione dei registri che dal prossimo anno permetterà alle aziende di compilare e trasferire alla pubblica amministrazione registri e moduli via internet eliminando quindi tonnellate di carta, settimane di impegno lavorativo e, quindi, pesanti oneri economici. Riforme fondamentali insomma dove riusciremo a coniugare semplificazione e moralizzazione, economia per le imprese ed efficienza dei controlli a favore di un sistema del vino che sarà più agile, snello, competitivo e trasparente verso il consumatore».

Nella foto in alto, Domenico Zonin, presidente Unione Italiana Vini