Il giusto equilibrio tra il fabbisogno produttivo e le necessità degli ecosistemi è una delle chiavi da trovare per aprirci a un futuro alimentare più equo. Ne discutiamo con Paolo De Castro

Delle grandi sfide che l’era dell’economia globale ci impone di affrontare, quella della “food security” è forse una delle più proibitive. In considerazione di una popolazione mondiale che cresce a ritmi frenetici, dell’allargamento del gap tra ricchi e poveri e di regimi alimentari e produttivi in continua trasformazione. Questioni capitali per il benessere delle generazioni future che Paolo De Castro sviscera nel suo libro Cibo, la sfida globale, in cui l’ex presidente e oggi coordinatore S&D della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo riflette sul legame tra le politiche della produzione agricola e quelle del consumo nella fase storica che stiamo vivendo. «Su questi temi – spiega De Castro - Expo Milano è stata sicuramente un’occasione di approfondimento importante. cibo, alimentazione e risorse naturali sono temi cruciali che stanno definendo uno scenario globale per molti versi inatteso».
Partiamo da Expo, appunto. Quali iniziative le sono piaciute di più e che tracce lasceranno nel futuro approccio al cibo dei consumatori e delle istituzioni?
«Ritengo che l’esperienza di Expo, in termini di educazione e sensibilizzazione, sia stata nella sua organicità un successo. Un punto di raccordo tra molteplici declinazioni del cibo e dell’alimentazione, che ha favorito la condivisione di un nuovo scenario globale e delle sue sfide. In particolare, le iniziative rivolte ai più giovani hanno rappresentato un tassello importante nella definizione di un percorso educativo che renda i ragazzi consapevoli che quella in cui viviamo è un’epoca di scarsità di risorse naturali e che fornisca loro indicazioni sulle azioni che ciascuno di noi, nel suo piccolo, può compiere per gestire il cibo in maniera più sostenibile».
Tra i nodi da sciogliere in campo alimentare c’è quello della produttività dei terreni, in progressiva frenata. Com’ è accaduto e quali sono le attese per i prossimi anni?
«Nel 2008, nel 2010 e ancora nel 2012, i mercati sono stati scossi da vere e proprie fiammate dei prezzi, in un susseguirsi di aumenti e crolli repentini delle quotazioni. Nel frattempo, la crescita delle rese dei principali raccolti è rallentata vistosamente. Oggi i tassi medi d’incremento della produttività sono di poco superiori all’1 per cento e le previsioni non contemplano miglioramenti. Secondo le stime disponibili, in futuro la crescita annuale media della produzione agricola mondiale si attesterà attorno all’1,5 per cento contro il 2,1 per cento del primo decennio del secolo e circa il 2 per cento degli anni Settanta e Ottanta».
Come si può intervenire sulla “food policy” del futuro per invertire la rotta?
«Un concetto che in questi anni sta avendo molta eco in Europa è quello della “intensivizzazione sostenibile” dell’agricoltura. Ci permetterebbe di trovare il giusto equilibrio tra le necessità della produzione e quelle degli ecosistemi, facendo ricorso a un incremento delle conoscenze nella gestione efficiente delle risorse e non dei fertilizzanti».
Nel suo libro indica il progetto brasiliano “Fome zero” come esempio virtuoso di lotta contro la malnutrizione. Quali risultati ha prodotto e quali condizioni basilari occorrono perché possa “fare scuola”’ in altri Paesi?
«Fome Zero si fonda sull’idea che lotta alla fame e alla povertà e crescita dell’agricoltura familiare siano temi fortemente collegati. Grazie agli interventi di aiuto al credito, sostegno alle assicurazioni contro le avversità climatiche, trasferimento tecnico e promozione delle filiere corte, Fome Zero è riuscito a saldare misure di emergenza e misure strutturali, ottenendo risultati eccezionali tanto nelle aree urbanizzate quanto in quelle rurali. In meno di 10 anni, circa 28 milioni di persone si sono lasciate alle spalle l’area della povertà estrema. A dimostrazione che quando si lotta contro la fame serve progettare per bene le politiche, impostando strategie efficaci per aggredire realmente la forbice tra ricchi e poveri».
Lei coordina il suo partito nella Commissione agricoltura del Parlamento Ue. Quali provvedimenti prioritari si stanno per varare a livello comunitario in tema di agricoltura sostenibile?
«La Commissione agricoltura del Parlamento europeo, con una risoluzione votata a larghissima maggioranza dalla plenaria di Strasburgo lo scorso aprile, ha chiesto alla Commissione Ue prendere posizione sugli urgenti problemi relativi alla produzione di cibo, alla distribuzione e al consumo e di studiare misure di contrasto allo spreco di cibo e alla malnutrizione. Sempre sul tema della sostenibilità, stiamo inoltre lavorando alla riforma dell’agricoltura biologica e alla proposta dell’esecutivo sulla regolamentazione delle importazioni di mangimi Ogm».
Al di là del “sogno impossibile” di assicurare cibo a tutti, partendo dai numeri attuali quali obiettivi ritiene realisticamente raggiungibili di qui a 15-20 anni?
«Le difficoltà di garantire cibo per tutti sono evidenti, ma queste non devono mai trasformarsi in un blocco a priori. Quella della food security è una sfida d’importanza strategica, da affrontare col duplice obiettivo di assicurare l’approvvigionamento e aumentare i redditi degli agricoltori, per realizzare un modello di sviluppo armonico tra spazi urbani e rurali e frenare l’esodo dai campi. L’accesso al cibo è un diritto universale, che abbiamo il dovere di tenere alto mediante una pianificazione sinergica delle politiche sociali, ambientali ed economiche. Solo così possiamo guardare ai prossimi 20 anni con cauto ottimismo».
Paolo De Castro, coordinatore S&D alla Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo e relatore permanente per Expo 2015