Indicato spesso come uno dei settori anticiclici da cui far ripartire la crescita, l’agricoltura italiana esce da un semestre vissuto da protagonista all’Expo. Alle programmazioni strategiche regionali e a politiche innovative sotto il profilo burocratico spetta ora il compito di rilanciarne la competitività

Gianni Fava, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia
Simona Caselli, assessore Agricoltura Regione Emilia-Romagna
Sonia Ricci, assessore all’Agricoltura della Regione Lazio

Che stagione sta attraversando l'economia agricola regionale e come si rispecchia negli indicatori del settore primario relativi al primo semestre?

GIANNI FAVA:«Non possiamo certo definire positiva l’attuale congiuntura, come i dati di Unioncamere Lombardia testimoniano. Escluso il vino e in parte il riso, minacciato però dall’ampliamento dell’area a dazio zero del sud-est asiatico, tutti gli indicatori preoccupano: dal lattiero caseario al settore suinicolo, alla carne bovina. Eppure, a fronte di indici negativi alla produzione, l’agroalimentare registra performance positive in chiave di esportazioni. A preoccuparmi molto, invece, è la crisi dei prezzi che stanno vivendo alcune grandi Dop del lattiero caseario e della suinicoltura, perché il sistema agroalimentare lombardo si regge sulle indicazioni geografiche».

SIMONA CASELLI:«In base alle prime indicazioni l’annata agraria 2015 ha un andamento nel complesso positivo. Ottimi risultati dalla vendemmia e bene i raccolti di cereali, trend altalenante per la frutta estiva. Soffre ancora il settore degli allevamenti, in difficoltà come l’intero comparto europeo. Si profila dunque una conferma dei risultati del 2014, quando la produzione lorda vendibile si è attestata a quota 4,1 miliardi di euro. Va poi a gonfie vele l’export agroalimentare che nel primo semestre ha messo a segno un eccellente +4,5 per cento, trainato dal Parmigiano Reggiano, dal prosciutto di Parma, l’aceto balsamico di Modena e la mortadella di Bologna».

SONIA RICCI:«È indubbio che l’agricoltura sia il settore economico italiano ad aver accusato meno la crisi generale, ma è anche vero che si tratta di un comparto sottoposto a variabili estranee ad altri come l’imprevedibilità del clima, aumentata negli ultimi tempi, con grandinate e alluvioni improvvise. Nonostante tali criticità, segnali positivi giungono da più versanti: dal notevole aumento delle iscrizioni agli istituti e alle università agrarie, alla partecipazione attiva dei giovani ai bandi e alle manifestazioni di interesse, all’incremento di imprenditori agricoli under 40».

Il Psr 2014-2020 è lo strumento fondamentale per intervenire sullo sviluppo del sistema agricolo regionale. Lungo quali direttrici prioritarie avete costruito il vostro, su quante risorse può contare e in quali progetti si sta già traducendo?

G.F.:«Il Psr 2014-2020 può contare complessivamente su 1,157 miliardi di euro, 133 milioni in più rispetto alla programmazione passata: è la prima volta che Regione Lombardia incassa dal negoziato più fondi rispetto ai periodi precedenti. Sei sono le linee prioritarie del piano: promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali; potenziare la redditività e la competitività delle aziende agricole; promuovere l’organizzazione della filiera alimentare, comprese la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti, il benessere degli animali e la gestione dei rischi nel settore; preservare e valorizzare gli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura; incentivare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio. Infine, adoperarsi per l’inclusione sociale e lo sviluppo economico nelle aree rurali».

S.C.:«Ricerca e innovazione, aggregazione, qualità, sostenibilità e ricambio generazionale: queste le parole d’ordine del Psr 2014-2020 dell’Emilia-Romagna, il primo in Italia ad avere ottenuto a maggio scorso il via libera da parte della Ue. A disposizione 1,190 miliardi, la dotazione più alta tra tutte le Regioni del centro- nord. Una formidabile leva di sviluppo che consentirà di mettere in moto, anche con l’apporto finanziario dei privati, investimenti per circa 1,7 miliardi di euro. I primi bandi già decollati nel giugno scorso, del valore rispettivo di 37 e 15 milioni, hanno riguardato i giovani e le aree svantaggiate. Nei prossimi mesi attiveremo l’intero pacchetto di interventi in materia agroambientale e le azioni a favore degli investimenti».

S.R.:«Tre parole: aggregazione, qualità, innovazione. Partiamo da un cospicuo fondo di 780 milioni di euro, 77 milioni in più rispetto alla precedente programmazione, di cui il 17 per cento sono quota regionale. Col nuovo Programma punteremo a rafforzare la competitività e la redditività delle aziende agricole, sostenendo le reti di impresa, l’integrazione delle filiere produttive e l’agroindustria. Porteremo al centro dell’attenzione l’impresa agricola e i giovani, che sempre più numerosi stanno volgendo lo sguardo al settore, apportando idee e tecnologie nuove e avanzate. I primi bandi saranno sull’innovazione e sulla trasformazione, i più richiesti, sulle start up e sullo sviluppo locale con importanti investimenti per il territorio».

Nell’ambito della azioni regionali a sostegno del settore agricolo, quali sono le principali in corso al momento, quante risorse muovono e a chi si rivolgono?

G.F.:«Nel 2015 sono stati attivati i bandi relativi alle operazioni 11.1.01 e 11.2.01, sull’agricoltura biologica, per 4,5 milioni di euro; sull’operazione 4.1.01, dedicata all’ammodernamento delle aziende agricole per un importo di 60 milioni di euro; l’operazione 13.1.01 sull’indennità compensativa nelle zone svantaggiate di montagna per 11,5 milioni di euro; le operazioni 19.1.01, 19.2.01 e 19.4.01 sui Piani di sviluppo locale per 64,3 milioni di euro».

S.C.:«L’accelerazione sul fronte del Psr va di pari passo con gli altri interventi messi in campo per aumentare la competitività delle imprese, delle filiere e dell’organizzazione dei produttori. Sul primo punto ricordo i 160 milioni di euro che saranno investiti nel 2016 nei programmi operativi dell’Ocm ortofrutta e gli oltre 24 a sostegno del vitivinicolo per azioni promozionali sui mercati esteri, riconversione dei vigneti e ammodernamento delle aziende. Altri 1,5 milioni li abbiamo indirizzati nel 2015 agli Agrifidi per favorire l’accesso al credito delle imprese, mentre 1,7 milioni vanno al rafforzamento delle Organizzazioni dei produttori».

S.R.:«I bilanci delle Regioni sono oggi molto limitati rispetto al passato e le uniche risorse sicure sono quelle destinateci dai fondi europei, che, ricordiamo, nascono dalla fiscalità dei cittadini italiani. Tra le nostre priorità possiamo annoverare il sistema allevatoriale, perché la zootecnia è uno dei segmenti strategici della nostra economia, in crisi per via della cessazione delle quote latte e per difficoltà contingenti; il fitosanitario, perché è fondamentale la tutela e del bene primario e la promozione agroalimentare, che permette al sistema Lazio di valorizzare i prodotti regionali sul mercato nazionale e internazionale».

Su scala nazionale in primavera ha preso il via un Piano anti-burocrazia per restituire competitività alle imprese agricole. A livello regionale, quali ulteriori misure a favore del primario avete messo in campo in materia di semplificazione amministrativa?

G.F.:«Non credo che gli agricoltori si siano ancora accorti dei benefici dello sbandierato Piano anti-burocrazia. D’altronde, da uno Stato che agli agricoltori che denunciano un furto di gasolio chiede di pagare l’accisa perché il carburante, in quanto sottratto, non ha più l’utilizzo agricolo, non ci si può aspettare molto. La Lombardia in questi anni, non solo grazie alle azioni dei cosiddetti angeli anti-burocrazia, è intervenuta in molti aspetti dell’accesso al credito, delle procedure per la gestione dei boschi, allo scopo di semplificare la vita a cittadini e imprese. Certo, se gli agricoltori si aspettano una sburocratizzazione della Pac siamo costretti a deluderli, visto che si tratta di imposizioni comunitarie, ineludibili per la Regione».

S.C.:«Lo snellimento della burocrazia è tra le priorità della giunta regionale. Grazie alla creazione del Registro unico dei controlli, operativo dall’agosto 2014 e preso a modello dal Mipaaf per il lancio di un’analoga iniziativa a livello nazionale, abbiamo dato il via a una vasta operazione di semplificazione della macchina dei controlli in agricoltura. L’obiettivo è evitare doppioni e sovrapposizioni. Non solo: sono in via di completamento il trasferimento su digitale dell’Anagrafe delle aziende agricole e l’attivazione della procedura del silenzio-assenso nel comparto vitivinicolo. Già operativa da tempo, invece, la firma digitale per la presentazione online delle domande di contributo».

S.R.:«Sul tema della semplificazione noi siamo stati gli apripista nella costruzione del nuovo Psr 2014-2020, dove abbiamo introdotto i primi elementi d’innovazione procedurale. Per esempio, l’avviso pubblico emanato in attuazione della misura 11 “agricoltura biologica”: gli interessati potranno aderirvi presentando la sola domanda di aiuto senza allegare altri documenti a differenza di quanto avveniva nel precedente Psr. Abbiamo poi semplificato le procedure di accesso al credito firmando un’intesa con Ismea, in collaborazione col Mipaaf e Abi, per attivare gli strumenti finanziari attraverso il funzionamento di un Fondo di garanzia e di un Fondo di credito gestiti a livello nazionale. Per la prima volta, il costo della garanzia attivata presso Ismea viene pagato in quota parte dal Psr».

Che “voto” date alla presenza e alle iniziative promosse dal vostro “made in” territoriale durante l’esposizione universale e con quali nuove prospettive il sistema agroalimentare regionale esce dai sei mesi milanesi?

G.F.:«I voti li lascio dare agli operatori e ai portatori di interesse. Personalmente ritengo che l’esperienza di Expo Milano 2015 sia stata molto positiva, perché siamo riusciti a presentare un modello vincente di agricoltura e di agroalimentare, dove la qualità è il risultato di un insieme di attenzioni e di innovazioni che fortificano una tradizione consolidata del modello agricolo territoriale. Le prospettive sono quelle di un incremento ulteriore dell’export, consapevoli che i punti di forza saranno legati alla tutela delle Dop e alla diversificazione delle produzioni, a cui dovrà corrispondere un’offerta sempre più aggregata. Si vince rimanendo uniti, pur nelle diversità».

S.C.:«L’Emilia-Romagna, fatta eccezione per la Lombardia, è stata la Regione più presente per qualità e quantità di iniziative. Siamo convinti che l’Expo è stata una preziosa occasione per riflettere sui grandi temi della fame nel mondo e dello sviluppo sostenibile, ma anche per costruire relazioni e promuovere il nostro sistema agroalimentare. Così accanto al decollo del World Food Research Innovation Forum, abbiamo lavorato molto sul fronte dell’internazionalizzazione, avviando rapporti con molti Paesi esteri».

S.R.:«Expo è stata una grande vetrina per tutto il made in Italy. Durante l’esposizione la Regione Lazio, presentatasi come Sistema Lazio con Roma Capitale, Province, Comuni, associazioni di categoria e università, ha raccontato i territori a 360 gradi, selezionando un paniere agroalimentare di oltre 100 eccellenze che rappresentano al meglio l’identità culturale alimentare del nostro territorio. Il voto, mi si passi la battuta, lo danno solo maestri e professori. Di certo, Expo ha avuto il grande merito di accendere i fari su un tema, “Nutrire il Pianeta”, per noi strategico: cercheremo di renderlo volano per lo sviluppo del futuro».